Memoria, ricordo, dimenticanza, oblio:
un "campo di battaglia"
Non era detto, né scontato. Neppure obbligatorio. Quando Duccio, il padre, lesse la tesina di maturità classica di Anna, la figlia, dopo un moto di paterno orgoglio, decise che l’avrebbe fatta stampare. Un libro vero, per la figlia, come regalo per avere portato a termine gli studi del liceo classico. Un regalo sui generis, che, però, si è rivelato un’idea vincente. Questo libro (*), scritto da una diciottenne, o poco più, non smette mai di stupire, Avrebbe potuto essere un diario, uno sfogo di liberi pensieri e chissà quante altre cose.
Invece è un libro poliglotta – c’è più d’una citazione in greco od inglese – perché l’Autrice ha fondato la sua formazione su scritti classici, ma non disdegna i riferimenti alla contemporaneità, intesa soprattutto come cultura europea che prosegue nel solco della migliore classicità.
E’ un libro colto, non solo per l’argomento - il concetto di memoria in rapporto con l’identità singola e collettiva - ma anche per il modo con cui l’ affronta. Rigore e serietà ne connotano la paziente scrittura, in una sorta di continuum che non lascia nulla al caso o all’approssimazione.
E’ un libro composito. Vi prendono la parola, oltre ad Anna, quattro adulti: tre insegnanti ed il padre. Il testo di Anna è così articolato: due parti, una conclusione ed alcune appendici. Una di queste è l’intervento che Anna – in rappresentanza di tutti gli studenti italiani – lesse il 9 maggio 2008, alla presenza del Presidente Napolitano, in occasione della Giornata dedicata alle vittime del terrorismo. La critica letteraria ci ha abituati alla categoria del romanzo di formazione. In questo caso si tratterebbe di un saggio di formazione, rivolto non solo ai coevi di Anna, ma anche a molti insegnanti.
E’ anche un libro complesso. Una complessità intelligente e intrigante, non parolaia e sbruffona, come, troppo spesso, oggi capita di vedere in un panorama editoriale sempre più legato al tubo catodico ed alla superficialità, anziché al dubbio e all’approfondimento.
Uno degli assunti principali è che tutte le vite – per giovani che siano – sono impregnate di memoria. Starà al singolo individuo lasciarla emergere e farla divenire un elemento costitutivo della propria identità personale. Nell’incipit del suo saggio, Anna, categoricamente, afferma: Perdere la propria memoria significa perdere la propria identità. Noi siamo ciò che ricordiamo. E’ un’ammissione impegnativa, quasi – per una giovane come lei – un programma di vita che, nella crescita del presente, coniuga passato, ma, soprattutto, evoca futuro. Una scelta di vita esemplare che le fa onore, ma che, spesso, richiede fatica e, quasi sempre, solitudine.
Certamente c’è il gruppo dei pari che, non sempre, è omogeneo. C’è, per esempio, il gruppo Giovani e Memoria a cui viene affidato un oneroso compito e cioè quello di trovare ancora una … strada ed una … ragione … nelle mille intelligenze e nei mille cuori, soprattutto giovani menti e giovani vite non indifferenti e desiderose di sapere … dal suo – troppo recentemente strappato alla vita – fondatore, prof. Matteo Guerini, di cui queste parole sono solo un distillato all’interno di un articolato intervento, pronunciato il 28 maggio 2005, nel XXXI anniversario della strage di Piazza Loggia, da cui è stato tolto questo stralcio, posto ad epigrafe delle Appendici nel libro di Anna Ci sono, però, altri coetanei di Anna che – come lei stessa ricordava nella presentazione pubblica del suo volume – non comprendevano le ragioni del suo impegno extracurriculare. In fondo il suo percorso scolastico le avrebbe permesso una
vita ben più tranquilla. Però Anna è fatta così. Quando si mette una cosa in testa, è difficile farla recedere dal suo pensiero. Proprio come quando, sempre il giorno della presentazione pubblica, una giornalista di una emittente locale voleva intervistarla. Lei, a tutti i costi, si negava. Chi scrive, suo padre e sua madre a rincorrerla per la sala. Non era terrorizzata dal non saper cosa dire, ma, forse, più semplicemente, si era chiusa nella granitica certezza di non aver compiuto nulla di eccezionale. Però, alla fine, l’intervista si fece e non andò, poi, così male.
L’ultimo aspetto che intendo qui sottolineare è quello concernente i testi segnalati o che, comunque, hanno costituito l’ossatura del saggio. Non è tanto per la quantità, ma soprattutto per la qualità, intendendo con quest’ultima il modo con cui sono stati letti, indagati e assimilati. Non solo l’excursus da Demostene a Benjamin, ma anche il confronto con la migliore letteratura –nazionale ed internazionale – alla ricerca, con grande afflato etico,
di una giusta alchimia tra dimensione individuale e collettiva, tra senso di responsabilità inteso come eredità del passato, strumento per agire nel presente ed ipotesi per prefigurare una dimensione anticipatrice di futuro.
Di fronte a ciò, l’azione pedagogica di scuola e famiglia, non può altro che, giustamente, andare – come ricordava Pietro Zanelli nella preziosa postfazione - … lucidamente a consumazione ed è destinata a scomparire man mano che l’allievo cresce in iniziativa autonoma … e portare, così, a compimento il suo splendido disegno.
IVAN GIUGNO
(*) ANNA CERASO .
Memoria, ricordo, dimenticanza, oblio: un campo di battaglia
S.I.P. – TIPOGRAFIA CIESSEGRAFICA - MONTICHIARI (BS) – MAGGIO 2009
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