Associazione Culturale Anteo
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  Perché Anteo?
   
 

Anteo è un incrocio tra mito e storia.

La mitologia classica ci propone due figure di Anteo.
La prima è quella di un gigante – figlio di Poseidone e Gaia – che abitava in Libia o, più probabilmente, in Marocco. Poichè – grazie al contatto perpetuo con la Madre Terra Gaia – disponeva di una forza che lo rendeva, praticamente, invincibile e, per questo, costringeva tutti i viaggiatori a lottare contro di lui. Una volta sconfitto il malcapitato avversario, ne usava le spoglie per decorare il tempio del padre. Finchè non incontrò Eracle – alla ricerca dei pomi d’oro – che, sfidato, lo soffocò sollevandolo sulle spalle e lo vinse, privandolo così della sua forza.
L’altro riguarda un giovane di stirpe reale che, come ostaggio, viveva alla corte del tiranno Mileto, Fobio. La moglie di questi, Cleobea o Filecme, se ne innamorò perdutamente. Il nostro Anteo, però si rifiutava di cederle. Cleobea, volendo vendicarsi del gran rifiuto, lanciò una sua coppa d’oro in fondo ad un pozzo, chiedendo al nostro eroe di calarvisi per recuperarla. Amteo eseguì e, giunto in fondo, fu colpito da una grossa pietra che, scagliata da Cleobea, lo uccise. Disperata per i suo gesto, Cleobea s’impiccò.

Anche la storiografia ci propone un caso inerente a questo nome: quello di Anteo Zamboni.
Quest’ultimo è uno studente, appena quindicenne, che il 30 ottobre del 1926, in occasione dell’inaugurazione dello stadio littorio di Bologna, sparò a Mussolini, mancando il bersaglio. Il primo a bloccare il giovane, fu Carlo Alberto Pasolini, padre del poeta Pier Paolo. In reazione a questo gesto un gruppo corposo di squadristi di Leandro Arpinati si gettarono sullo studente e lo colpirono a morte con calci, pugni e coltellate.

La memoria collettiva ricorda Anteo Zamboni come giovane anarchico, nonchè “primo partigiano di Bologna” e figura di spicco di quella che Togliatti definì la “Resistenza silenziosa” e a lui sono dedicate, nella città felsinea, la via Mura Anteo Zamboni ed una lapide in cui si legge: “ Bologna di popolo congiuntamente onorando i suoi figli eroici immolatisi nella ventennale lotta antifascista con questa pietra consacra nei tempi Anteo Zamboni per audace amore di libertà il 31-10-1926 qui trucidato martire giovanetto dagli scherani della dittatura”.
In realtà la vicenda è più complicata di quanto possa sembrare e, nel corso degli anni, questa versione eroico-pietistica è stata messa in crisi su più fronti.

Come si può leggere su “A - Rivista Anarchica” dell’aprile 2001, l’idea che quella di Anteo, sia stata l’azione solitaria di un ragazzo che desiderava entrare nel mondo degli adulti attraverso un gesto eclatante, magari ispirato da quella mitologia anarchica con cui era entrato in contatto attraverso il padre Mammolo, appare poco probabile, così come appare poco probabile che dietro questo fatto si celi un complotto anarco-familiare. Il padre Mammolo, infatti, dopo un fervore anarchico prebellico, all’epoca dell’attentato godeva di grande stima da parte dei fascisti bolognesi ai quali, vista la sua professione di tipografo, stampava i fogli di propaganda; inoltre aveva finanziato la costruzione della casa del fascio e, soprattutto, lo legava una profonda amicizia con Leandro Arpinati, capo del fascismo bolognese. Per di più il fratello maggiore di Anteo, Assunto, negli anni a venire diventerà una spia dell’Ovra.

Come ha ampiamente dimostrato la direttrice dell’Istituto storico della Resistenza di Bologna, Brunella Dalla Casa, nel libro Attentato al duce. Le molte storie del caso Zamboni , è molto più probabile la versione per cui questo attentato è da ascrivere ad uno scontro interno al fascismo, un dissidio intestino tra le frange estremiste e combattenti di Farinacci e il corso normalizzatore imposto da Mussolini. In effetti su questo complotto iniziò un’indagine dei carabinieri, subito bloccata da Mussolini in persona che, indubbiamente, di questa vicenda fu il primo beneficiario. In seguito a questo evento vennero, infatti, demolite le ultime residue garanzie dello stato liberale, venne introdotta la pena di morte, iniziò a funzionare a pieno regime il Tribunale speciale e, soprattutto, venne liquidato e marginalizzato definitivamente tanto l’antifascismo quanto le componenti più radicali e pericolose del fascismo stesso.

Forse, vista la mancanza di prove concrete sull’effettiva colpevolezza di Anteo Zamboni, è possibile pensare che il gesto non fosse stato compiuto direttamente dal giovane studente ma da altri che poi lo avrebbero accusato e trucidato per lucidi calcoli politici e non solo per uno scoppio d’ira bestiale, come per molti anni si è creduto.

 

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